PETIZIONE

PETIZIONE

AFFINCHÉ LA SALMA DI

EMANUELE PATERNÒ DI SESSA

VENGA TRASLATA NELLA CHIESA DI SAN DOMENICO il PANTHEON DI PALERMO


Nel 1935 alla fine della commemorazione per la morte di Emanuele Paternò di Sessa, il Professore Emanuele Oliveri dell’Università di Catania, pronunciò queste parole :

« Noi suoi vecchi discepoli, fin da ora facciamo voti che nel centenario della nascita le ceneri di Emanuele Paternò siano composte in quel Pantheon di San Domenico in Palermo ove riposa nei secoli la salma di Stanislao Cannizzaro della cui opera scientifica egli fu il più degno continuatore. »

Pantheon di San Domenico

Purtroppo quell’auspicio non fu mai realizzato, malgrado il desiderio della famiglia e dei suoi discepoli. Lo scoppio della seconda guerra mondiale ha impedito di portare a termine questo progetto. Dopo quasi cent’anni dalla morte, pensiamo sia giunta l’ora di rimediare a questo deplorevole oblio. Emanuele Paternò fu non solo un insigne scienziato, le cui geniali intuizioni fecero proggredire lo studio della Chimica contribuendo ad integrare l’Italia unita alla comunità scientifica internazionale. Professore universitario a soli 24 anni, divenne in seguito Magnifico Rettore dell’Università di Palermo. Ricordiamo, anche che fondò la « Società Chimica Italiana » e fu Presidente della secolare « Accademia delle Scienze detta dei XL ». Fu inoltre un acceso difensore della Sicilia e dei Siciliani, come la sua implicazione nella vita politica dell’isola lo prova. Come Sindaco, organizzò la IV Esposizione Nazionale Italiana a Palermo nel 1891, la prima del Sud. Presidente per lunghi anni della Provincia di Palermo, Senatore del Regno e Vice Presidente del Senato.

Sarebbe troppo lungo elencare quanto fu fatto da lui per la sua città.

Ha quindi perfettamente il suo posto nel Pantheon di Palermo accanto a tutti i grandi uomini che nei tempi hanno contribuito alla grandezza e alla fama della isola.




What do you want to do ?
New mail
What do you want to do ?
New mail
What do you want to do ?
New mail

mercoledì 18 novembre 2020

PER GESTIRE IL PRESENTE È CONSIGLIATO CONOSCERE IL PASSATO

 

 

 

In questo periodo di nuovo confinamento (in Fancia) e di coprifuoco (in Italia), ci sembra interessante parlare delle epidemie di colera che regolarmente colpivano l'Italia e la Sicilia nei tempi passati.

Ci fermeremo soprattutto sulle epidemie del 19° secolo, in particolare quella che impreversò negli anni 1885-1887, e che valse al Professore Emanuele Paternò la "Medaglia d'oro" della città di Palermo.

Riportiamo qui di seguito alcuni estratti del libro dell'Avvocato Francesco Maggiore-Perni "Palermo e le sue grandi epidemie dal secolo XVI al XIX, Saggio storico statistico". Palermo, Stabilimento Tipografico Virzì, 1894.

 

    Se facciamo un riferimento alla situazione attuale, constatiamo che a quell'epoca il Governo lasciava molta più libertà ai Sindaci per l'organizzazione della prevenzione e del controllo dell'epidemia.

 

“Era allora Sindaco il marchese Ugo, uomo di forte fibra e di ferme risoluzioni, che volle ad ogni costo e senza badare a spese salvare la città e la Sicilia. Anzitutto si mise di accordo coi Sindaci delle grandi città marittime, ed agire di concerto con azione comune e inalterata; il Prefetto conte di Bardessono l'appoggiò; il governo lasciò libertà di preservarci dal male, e Palermo e 1' Isola furono salve.” (pag 347)

 

Ecco cosa riporta il "Giornale di Sicilia" il 28 agosto 1885 :

 

“Anche il nostro Municipio ha diretto un altro voto al Governo, perché a vantaggio dell'isola nostra vengano adottate quelle provvidenziali misure di previdenza, che valsero a tener lungi da noi il terribile morbo d'Asia.

L'interesse del Municipio per la pubblica salute è degno di lode ed è a sperare che dopo le insistenze di tutta la stampa palermitana e siciliana e il voto emesso dal Municipio e da noi ieri riportato in cronaca voglia il Governo provvedere presto.”

 

mercoledì 8 luglio 2020

DISCORSO PRONUNCIATO NELLA SEDUTA INAUGURALE DEL VI CONGRESSO INTERNAZIONALE DI CHIMICA À ROMA

COMITATO DELLE SIGNORE


Il VI Congresso di Chimica del 1906 a Roma, fu voluto ed organizzato da Emanuele Paternò, professore di Chimica dell'Università di Roma. Si svolse dal 26 aprile al 3 maggio nei locali del nuovo palazzo di Giustizia. Riunì i maggiori chimici dell'epoca.

 

Maestà
Graziosissima Regina,
Signore e Signori,

Se l’occasione fosse opportuna, e mi consentisse una rapida rassegna dell’azione esercitata, nello scorso secolo, dal  nuovo indirizzo delle scienze sperimentali nella vita e nel progresso umano, non mi sarebbe difficile di provare che in questa profonda trasformazione della società, la chimica ha esercitata un’influenza predominante. Che non vi sia esagerazione in quanto affermo, e che il giudizio non sia l’effetto di una visione parziale delle cose, può ciascuno riconoscerlo sapendo che la produzione dei campi, in tutta la vastità del problema, non è ormai che una continua applicazione delle leggi e delle scoperte della chimica : che tutti i problemi dell’igiene pubblica ricevono continuo sussidio dalla chimica e dal suo proggredire attendono nuovi successi ; che l’alimentazione, per essere sicura e razionale, ha passo a passo bisogno della chimica ; che la terapia e la clinica debbono alle scoperte e ai metodi chimici il loro attuale incremento ; che nessuna industria può fare a meno della chimica, per l’esame delle materie prime e per la loro trasformazione in prodotti commerciali.


Lo studio chimico dei cementi e dei materiali da costruzione ed i nuovi esplosivi hanno resi possibili opere per l’avanti non tentate ; l’arte della guerra per mare e per terra, per offesa o difesa, riceve giornaliero perfezionamento dalla chimica ; la arti belle e di ornamento si giovano in mille guise delle sue scoperte, e la stessa moda, dalla chimica, con nuovi tessuti e più smaglianti e svariati colori, riceve continuo alimento alle sue volubili manifestazioni. E la società civile è ormai così formata, che dall’aria che respiriamo, all’acqua che ci disseta, al nutrimento quotidiano, agli utensili per ogni più vario uso domestico, alla illuminazione, al riscaldamento, al garantirsi dalle malattie o alla loro cura, tutto passa indispensabilmente sotto l’esame del chimico. Questa profonda infiltrazione della chimica in ogni parte del vasto e complesso organismo della società moderna, doveva perfezionare le industrie chimiche, e renderle precipuo fattore dell’economia degli Stati, e copiosa fonte di prosperità. E così è avvenuto. Ed oggi può con sicurezza affermarsi che laddove le industrie chimiche sono più proggredite, ivi il benessere è maggiore, ivi è maggiore le ricchezza.